Il dodicesimo uomo - I AM CALCIO NOVARA

Il dodicesimo uomo

La coreografia della Curva nel derby
La coreografia della Curva nel derby
NovaraSerie C Girone A

4976 spettatori presenti nel derby tra Novara FC e Pro Vercelli. Curva Nord sold out. Laddove viene ricordato Giovanni “Nini” Udovicich, calciatore dei vecchi tempi rimasto alla maglia azzurra per tutto il suo percorso calcistico, ci si gode un meraviglioso spettacolo composto da canti, cori e una coreografia di bandierine bianche e azzurre che sventolano sentimenti, emozioni, passioni e soprattutto tifo.                        

Il tifo è un comportamento diverso dal semplice parteggiare per una o l’altra sezione, si tratta di un’animazione inconsueta che coinvolge e aiuta gli atleti nella prestazione senza escludere una carica nel gioco di squadra, come supporto o come fastidio e distrazione se avversario. In campo lottano le due squadre, al di sopra di esso si sfidano le curve, a chi ha più voce, a chi ha più fantasia. Acceso e sfrenato è un vero e proprio fenomeno antropologico e sociale che diventa, tolti gli episodi di ostilità e violenza (e le offese verbali), carico di virtù

La parola “tifo” è un neologismo ormai intrinseco al linguaggio sportivo italiano. Nato dalla penna dei giornalisti sul finire degli Anni ‘20 con la diffusione del calcio come sport agonistico e dalla propaganda delle società sportive che iniziarono anche la pubblicazione di propri periodici come l’“Hurrah!” giornale della Juventus nel 1915 o il “Football Club Torino”, periodico della squadra del Toro, cui editoria favorisce la fede calcistica degli spettatori. Le prime avvisaglie di tifo si ebbero nel primo dopoguerra dove masse di persone riempivano gli stadi, ovviamente inadeguati al loro contenimento. A Roma nel campionato 1922-23 tra Lazio e Genoa, erano presenti 10.000 spettatori (con incasso mai avuto, di ben 88.000 lire). A poco a poco il calcio italiano divenne presente in 83 dei 94 capoluoghi di provincia aumentando la coda di persone al seguito, anche in trasferta. La formazione di tifoseria nazionale ebbe inizio con il fascino suscitato dalla Juventus e la vittoria di cinque scudetti consecutivi conquistati tra il 1930 e il 1935. Sugli spalti comincia a circolare la parola tifo nel linguaggio parlato quando ci fu la deformazione del termine medico “tifico” in quello sportivo di “tifoso”. La persona affetta dalla malattia tifoide subiva alterazioni mentali, la traslazione sportiva della terminologia medica fu dovuta a questa sintomatologia, non a caso si sottolineava il carattere ciclico del tifo sportivo, di “malattia” domenicale o stagionale simile all’alzarsi periodico delle febbri tifoidi. Il contagio sanitario produceva effetti di offuscamento proprio come spesso fa la passione e la “febbre” del sostegno entusiastico ed emotivo da stadio. Nel 1939 il termine fu inserito nell’Enciclopedia Italiana.

Far parte di un gruppo sociale sportivo, a maggior ragione alla curva, permette di liberarsi dalla propria quotidianità per indossare una maschera più congeniale seppur temporanea che ha delle proprie norme e dei propri codici che permettono di uscire dalla realtà del singolo, spesso faticosa. In curva non si è più avvocato, operaio o medico ma si è semplicemente tifoso, con ruoli precisi e responsabilità nei confronti degli altri membri. Un momento di unità in cui si gioisce e si soffre insieme. La curva non è solo braccia in alto e bandiere che sventolano perché il gruppo diventa tale anche per atti di solidarietà, promuovendo aiuto ai più deboli. Ricordiamo, ad esempio, che i Nuares, durente il periodo natalizio si occupano della raccolta fondi e regali da destinare all’oncologia pediatrica senza dimenticare il contribuito che hanno dato alla Romagna dopo la tragica alluvione dell’anno scorso o ancora ad Amatrice, dopo il disastroso terremoto, non demordendo neanche di fronte alle lentezze burocratiche italiane. In curva si definisce costantemente chi siamo noi e chi è l’altro, cori che intonano “Chi non salta un vercellese è” delineano il confine territoriale oltre che incitare tutta la squadra come fosse davvero il dodicesimo uomo in campo che con “Facci un gol” considera perfino l’ultimo acquisto di mercato “Uno di noi”. Chi non coglie la potenza di questo fenomeno non capisce quanto potere abbia un insieme di persone con un obbiettivo, un sogno, una passione comune che potrebbe avere anche la forza di cambiare assiomi e costanti non solo sportive. Teste unite che pensano la stessa cosa fanno diventare il pensiero più potente delle armi, più efficiente di qualsiasi mezzo, con la forza di spostare un elefante con un filo proprio in una società individualista che vuol far dimenticare che laddove c’ è un gruppo coeso c’è una squadra e laddove c’è una squadra c’è la possibilità di evoluzione, in qualsiasi ambito.

“NOI DAGLI SPALTI INCORAGGIAM” non solo come inno del Novara ma come inno all’umanità. 

Alice Previtali

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