Il personaggio della settimana: Dario Carginale

Ci sono giocatori per cui non conta la categoria, quando si tratta di mettere la palla in rete. E ci sono storie che nascono all'improvviso, quasi senza un perché, per poi diventare grandi amori. Queste poche parole possono sintetizzare le ultime stagioni di Dario Carginale, una carriera spesa a fare gol in giro per il Piemonte per poi approdare a Suno, a rivivere una seconda giovinezza fatta di reti (tantissime) e di successi, il terzo appena conquistato proprio domenica con il Suno, dominatore del girone novarese di Terza Categoria: "E' stato il terzo per me, ma il quarto per la società" ci racconta lo stesso Carginale "Io ho cominciato la mia avventura in bianconero quando l'allora Sunese era già passata dalla Terza alla Seconda Categoria. Ma questo è un campionato particolare per me, sentito ancora più degli altri vinti nella mia carriera, perché la squadra è stata creata da zero; avrei voluto smettere alla fine della scorsa stagione, ma poi la voglia di rimanere in campo è stata troppo forte. L'intenzione era quella di andare a Cureggio, dove la società stava allestendo una buona squadra, ma quando ne ho parlato con Antonioli, questi mi ha dato carta bianca per ricominciare con la nostra maglia dalla Terza Categoria. Mi sono dato da fare per allestire il gruppo e una grossa mano per la creazione della squadra ce l'hanno data anche gli sponsor che hanno creduto in questo progetto; ho chiamato compagni che giocavano già con me e che hanno accettato di buon grado di intraprendere questa avventura e li ringrazio pubblicamente, perché molti di loro avrebbero potuto giocare certamente da titolari in Prima Categoria e, invece, hanno scelto Suno, anche per la mia presenza. Questo rimane per me un orgoglio personale. E' vero, eravamo una corazzata per la categoria, ma vincere non è mai facile: immedesimarsi in una realtà di questo livello, per gente abituata a giocare a calcio, non è semplice, ma siamo stati tutti bravi, dallo staff tecnico all'ultimo dei giocatori, e il risultato è la vittoria ottenuta domenica scorsa".
Una vittoria che per Carginale ha radici lontane, da quel suo primo contatto con l'ambiente sunese a cui ha fatto da tramite una persona che è stata molto importante in questa seconda parte della carriera dell'attaccante bianconero: "Prima di questa stagione non avevo mai giocato in Terza Categoria, se escludiamo tre partite con il Valduggia qualche anno fa. Ma non fatico a ricordare che io a Suno sono arrivato grazie a Maurizio Cerutti che mi ha voluto fortemente e che io posso solo ringraziare. Con il mister ci eravamo conosciuti a Prato Sesia e gli avevano parlato di me come una testa calda, come di un giocatore che non ama allenarsi; ma le persone bisogna giudicarle solo dopo averle conosciute davvero e quell'anno è nato tra me e lui uno splendido rapporto, tanto che lo stesso Cerutti mi disse che mi avrebbe chiamato in qualsiasi squadra fosse andato ad allenare. E' così è stato con la Sunese che era all'epoca in Seconda Categoria: non nascondo di avere avuto delle perplessità all'inizio, ma non mi sono mai pentito della scelta, tanto che la Sunese è diventata la mia seconda casa. Io ho girato tanto ma solo un'altra società, oltre a questa, mi è rimasta nel cuore ed è il Gattinara: anche lì, come qui, ho avuto modo di conoscere persone fantastiche dal lato umano, a cominciare dall'allenatore, Diego Pagani, fino ad arrivare al presidente della squadra, Massimo Iaschi. Quando sono arrivato a Gattinara, venivo da una brutta stagione alla Dufour dove, dopo essermi fatto male, non ero stato più calcolato: lì mi sono rigenerato e sono riuscito a togliermi delle belle soddisfazioni". Soddisfazioni che non sono mancate neanche a Suno, con una serie impressionante di successi e record e una caterva di gol segnati. Senza contare una Promozione guadagnata sul campo che al ricordo ancora brucia un po': "Ci sarebbe piaciuto giocarci quella possibilità che ci eravamo guadagnati vincendo il campionato in un girone molto difficile che comprendeva squadroni come Virtus Cusio e Piedimulera, ma gli eventi hanno voluto diversamente e l'amarezza è durata solamente un secondo. Certo, il gruppo che aveva vinto la Prima Categoria sono sicuro che avrebbe potuto ben comportarsi anche in Promozione e, chissà, magari togliersi qualche altro sfizio".
A volte la storia decide di prendere delle altre strade e a giocarsi l'Eccellenza è rimasta la Osmon Suno, nata da una fusione mai pienamente accettata né dal pubblico di fede novarese, né dalla parte legata a Borgovercelli. Prova ne è il grande seguito di spettatori che comunque ha continuato a seguire il rinato Suno, anche se ripartire dal gradino più basso è un po' come rinascere: "Ma noi ci siamo tuffati senza remore in questo nuovo capitolo, anche grazie all'arrivo di un mister, Marrocu, che è stato bravo ad inserirsi nel gruppo e a capire certi equilibri. Il mister è un'ottima persona e un bravo allenatore, ha saputo farci lavorare nel modo giusto e soprattutto è stato capace di stimolare giocatori che avrebbero potuto trovare pochi stimoli nell'affrontare un certo tipo di gare. A vedere le cose da fuori sembra sempre tutto facile, ma avere una Ferrari tra le mani non significa saperla automaticamente guidare". Neanche l'esilio vissuto sul campo di Cressa ha sminuito il successo di questa squadra che non ha subito battute d'arresto per tutto il campionato: "Noi in squadra non abbiamo dato troppo peso a questo spostamento delle gare interne, abbiamo vissuto questa passaggio come una cosa temporanea, perché siamo fondamentalmente consapevoli di una cosa: il Suno siamo noi. La cosa bella di questa società (e tutte le persone che gravitano intorno lo sanno) è che qui prima si valuta la persona e poi il giocatore. E il fautore di questo imprinting è senza dubbio una persona vera come Giuseppe Antonioli, un uomo che nel calcio è difficile da trovare; in società tutti sanno che senza il suo intervento niente di quello che c'è a Suno si sarebbe potuto creare e il rapporto che si è instaurato tra me e lui va al di là dell'ambito calcistico e sportivo. Lui ogni tanto si schernisce dicendo che di calcio non ne capisce, ma pian piano sta imparando e ormai la competenza e molto più alta di alcuni tecnici o addetti ai lavori (ride n.d.r.)".
Lentamente il discorso si sposta più sul Carginale giocatore che sulla squadra ed ecco che è immancabile parlare dei tanti gol che il bomber bianconero ha sempre fatto nella sua carriera: "E' sempre bello fare gol, anche quando si gioca nel giardino di casa o in spiaggia, figurarsi quando lo si fa su un campo da calcio. Per un attaccante è come il pane e sarebbe ipocrita dire che non guardo la classifica dei marcatori, oltre che essere una bugia; mi piacerebbe vincerla anche quest'anno, siamo a buon punto e non mancano molte gare, il pensiero ovviamente c'è. Ma la soddisfazione più bella è quando senti dire, come mi è successo quest'anno con la Voluntas Novara quando ho fatto due gol da centrocampo, che questo tipo di gol bisogna saperli fare. Ecco, non importa con chi o dove stai giocando, se determinati colpi li hai, non si dimenticano. Poi comunque non è la prima volta che mi capita di essere in corsa per il primato dei bomber: anche l'anno scorso ci sono riuscito a primeggiare e lì mi ha dato una grossa mano Asero, così come quest'anno devo comunque ringraziare tutti i miei compagni che mi mettono nelle condizioni di andare a rete così tanto". La curiosità rimane quella di sapere se c'è un gol più di altri che è rimasto scolpito nella memoria di Carginale e non facciamo fatica a ricevere una pronta risposta: "Non li ho mai contati, credo che mettendoli tutti assieme siano più o meno 300 i gol fatti in carriera, ma ce n'è uno particolare, per il momento in cui è venuto e per ciò che ha significato: Dufour Varallo-Gattinara, la prima volta che tornavo a giocare a Varallo Sesia da avversario. Siamo sotto 1-0, poi pareggiamo e, sul finire del primo tempo, mi trovo una palla che lascio rimbalzare e poi in rovesciata metto dentro per il vantaggio: per me è stata una rivincita morale, dopo che mi avevano dato per finito, e per la squadra è stato il là di una grande vittoria contro una diretta rivale per il campionato".
I ricordi portano con sè anche una graduatoria tra tutti i tecnici incontrati in carriera e, perchè no, tra tutti i partner con cui Carginale si è trovato a giocare. Partiamo dagli allenatori che sono essenzialmente due: "Ci sono due persone che, dalla panchina, sono state particolarmente importanti per la mia carriera da giocatore: il primo è stato Diego Pagani che ho incrociato a Gattinara alla sua prima esperienza da tecnico. Lui è stato bravo a sopportarmi nell'anno vissuto insieme e a ricostruirmi, sia moralmente che fisicamente, dopo l'incubo vissuto a Varallo Sesia. E poi non posso non dire Maurizio Cerutti: l'ho già citato, ma Cerutti è l'allenatore che mi ha fatto crescere a livello di testa che mi ha insegnato ad allenarmi nel modo migliore, tanto che da quando sono a Suno gli infortuni che ho sempre patito sono diminuiti drasticamente. Il mister è un ottimo preparatore atletico, ma anche lui è cresciuto molto negli anni passati a Suno; e poi è un tecnico che ama aggiornarsi, capire, studiare nuove soluzioni. Dall'esterno può sembrare un uomo difficile da sopportare, con un carattere particolare come in fondo lo abbiamo tutti, ma con la squadra si trasforma, protegge i suoi ragazzi dalle pressioni esterne, prende su di sè le problematiche. E poi sa far capire anche ai ragazzi giovani l'importanza di giocare ed allenarsi con compagni che hanno più esperienza, senza per questo metterli da parte: sa creare i giusti equilibri all'interno di uno spogliatoio". Per quanto riguarda i compagni di squadra, Carginale dichiara di essere rimasto abbagliato da Di Stefano che, agli occhi di un ragazzo di 15 anni com'era lui quando giocava a Grignasco, era un giocatore inarrivabile. In tempi più recenti diversi sono stati i partner d'attacco, come racconta lo stesso giocatore: "Fino a due anni fa a questa domanda avrei risposto senza ombra di dubbio Zammariello, con cui facevo coppia a Gattinara, ma ora ti dico Asero che è un giocatore straordinario ma che in più ha, se inserito nell'ambiente giusto, ampi margini di crescita. Ma ti potrei citare anche Marcolli, diverso da Asero, ma ugualmente forte. La verità è che sono stato fortunato a conoscere tanti bravi calciatori che anche fuori dal campo sono diventati amici: con Asero si è creato un rapporto molto stretto, siamo diventati "compari" e anche ora che lui gioca altrove ci sentiamo e ci vediamo spesso".
Il bomber bianconero è giunto ormai ad una fase della sua carriera in cui ci si può guardare alle spalle e fare un punto della situazione sincero su ciò che è stato e ciò che invece avrebbe potuto essere: "Mi rimane la curiosità di sapere - dice Carginale - dove sarei arrivato se a 18 anni avessi avuto la testa che ho ora, soprattutto per quanto riguarda gli allenamenti. Ora ho capito che senza allenarsi non si può giocare e, se a questa conclusione fossi arrivato prima, forse qualche categoria in più l'avrei fatta, anche se non ci sarà mai la controprova. Il rimpianto che mi resta è quello di non aver avuto al mio fianco in quel momento qualcuno che mi avesse fatto capire queste cose e mi avesse indirizzato caratterialmente".
Non si può finire senza un accenno al futuro che Carginale lascia ancora avvolto nel mistero, anche se dalle parole si capisce che la voglia di scendere in campo è ancora tanta: "Il 31 luglio compirò 39 anni, un'età a cui programmare una nuova stagione non è facile. Ho una moglie fantastica che mi è stata sempre vicina nei momenti difficili e che sopporta il mio essere calciatore da molti anni, praticamente da quando ci conosciamo. Sto valutando cosa fare, ma credo possa anche essere giunto il momento di dedicarmi più alla famiglia, a lei e alle mie splendide bimbe. Ma immagino comunque un futuro fuori dal campo, anche se non mi sento pronto per fare l'allenatore. Mi stuzzica di più la figura del direttore sportivo che ho già provato ad intraprendere in parte quest'anno. Chissà, decideremo tutto a tempo debito. Ciò che più conta è che a Suno, più che una società, sia stata creata una famiglia, a prescindere dalla categoria in cui gioca la squadra; ed è un peccato che questa cosa da qualcuno non sia stata capita".